Gilera, un mito che dura nel tempo

GLI INIZI

Gilera è oggi il più antico Marchio motociclistico italiano che non abbia mai interrotto la produzione: raccontarne la storia significa rivivere un periodo importante dello sviluppo dell’industria italiana del ’900.
La piccola bottega artigiana di riparazione e produzione di motocicli aperta in corso XXII Marzo a Milano nel 1909 da Giuseppe Gilera, abilissimo meccanico figlio di contadini della provincia di Lodi, ha raggiunto nel tempo traguardi di eccellenza, diventando famosa nel mondo.
Ma non è stato facile. Tutto ebbe inizio il 21 dicembre 1887 in un piccolo paesino alle porte di Milano, Zelo Buon Persico, dove nacque, ottavo di nove fratelli, Giuseppe Gellera. Nove anni dopo, la famiglia si trasferì a Milano e nel 1901, a 12 anni, Giuseppe iniziò a lavorare come apprendista alla Edoardo Bianchi, passando successivamente alla Bucher e, infine, alla Moto Rêve.
Qualche anno più tardi, si mise in proprio, costruendo la sua prima moto nell’officina di Milano, in corso XXII Marzo, 42. Affiancò anche l’attività di pilota, prima con la Bucher e poi con le sue moto: per tre anni consecutivi, vinse la corsa in salita Como-Brunate e si affermò nel duro circuito di Cremona nel 1912.
Aveva nel frattempo mutato il cognome in Gilera e, nel 1914, si era sposato con Ida Grana, con la quale avrà tre figli: Gigliola, Olga e Ferruccio.

DAL 1915 AL 1930

Nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, trasferì la sua piccola azienda da Milano ad Arcore, in Brianza, dove insediò la sede definitiva di quella che, passo dopo passo, diventerà la Moto Gilera, sviluppandosi con continuità attraversando due guerre mondiali, affrontando e superando le difficoltà di tanti cambiamenti economici, politici, tecnologici e di mercato incontrati nel corso di molti decenni.
Durante la Grande Guerra, l’azienda sopravvisse fabbricando munizionamento e parti di biciclette che la Bianchi consegnava all’Esercito Italiano.
Fin dal 1920 Giuseppe Gilera definì le caratteristiche della propria produzione offerta ai clienti: motociclette belle, solide, economiche, veloci e non costose, affidandosi a una tecnologia semplice e non innovativa, ma continuamente perfezionata per fornire un prodotto affidabile e, all’occorrenza, temibile, se impiegato nelle gare di Regolarità e di resistenza. Si formò così la prima gamma di prodotti basata su due cilindrate: 350 e 500 centimetri cubi con motori a 4 Tempi e valvole laterali. I modelli beneficiarono di pronte evoluzioni, sensibili alla rapida innovazione di materiali, componentistica e gusti degli utenti, conquistandosi così una solida fama di moto veloci e affidabili.
Nel 1925 l’azienda aveva 45 dipendenti.
Alla fine degli anni ’20 la Gilera, pur essendo un’azienda relativamente piccola, aveva costruito uno stabilimento moderno con macchine utensili di grande livello e un ciclo produttivo completo; aveva, inoltre, coinvolto il paese di Arcore nello sviluppo generando interesse e passione per il prodotto e formando tecnici e operatori di grande qualità.
Le corse, naturalmente, rappresentavano il mezzo promozionale più efficace e proprio in questo decennio arrivarono i primi importanti successi sportivi legati a piloti come Luigi Gilera, Rosolino Grana, Gino Zanchetta, Nino Bianchi, Ferdinando Martinengo, Mario Sassi e altri ancora; ma anche, con sorprendente anticipazione sui tempi, di donne, come miss Edith Foley, che vinse la medaglia d’oro alla Sei Giorni del 1931.
Nel 1930 e nel 1931 la Gilera s’impose nella Sei Giorni Internazionale di Regolarità contro i fortissimi tedeschi e inglesi, e improvvisamente fu nota in tutta Europa.

DAL 1930 AL 1945

L’acquisto di una motocicletta con un avanzato motore quattro cilindri aprì, nel 1935, l’avventura delle gare di velocità in circuito. Il progetto originario, di Gianini e Remor, era stato rielaborato, nel 1933, dal solo Gianini, che aveva potuto godere dell’appoggio del Conte Bonmartini, proprietario della C.N.A. (un’azienda aeronautica) e dell’importante collaborazione di Piero Taruffi, nella duplice veste di ingegnere appassionato e di valente pilota.
Nonostante le ottime premesse, la moto non si affermò stabilmente e il tracollo della C.N.A. (le cui attività furono assorbite dalla Caproni) chiuse questo primo ciclo di vita.
Caproni incaricò Taruffi di trovare un acquirente per il settore motociclistico e l’unico che mostrò interesse per l’acquisto fu Giuseppe Gilera, che doveva aver intuito le potenzialità della macchina e il valore di Taruffi.
Iniziò un minuzioso lavoro di modifiche e perfezionamenti del motore, il campo d’azione preferito da Giuseppe, e del telaio, grazie all’esperienza nelle gare di Taruffi.
Nel 1937 giunse il tanto atteso, grande successo sul circuito di Monza, al quale seguirono numerose vittorie in Italia e in Europa, grazie a Dorino Serafini che si laureò Campione europeo (oggi diremmo mondiale) nel 1939.
In contemporanea, una versione speciale della moto preparata e condotta da Taruffi conquistò, tra il 1937 e il 1939, 34 records mondiali, tra i quali il primato assoluto di velocità su due ruote alla media di 274,181 km/h.
Nel campo delle moto di serie, il decennio 1930-1940 portò a una profonda revisione sia nella gamma dei prodotti (nacquero le piccole cilindrate 175 e 250, e i motocarri), sia nella tecnica, con il progressivo abbandono delle valvole laterali a beneficio di quelle in testa, che trovò la consacrazione più compiuta nella 500 VTGSE, meglio conosciuta come ‘8 Bulloni’ e, a seguire, in un nuovo motore disegnato da Salmaggi e destinato a una fama ancora maggiore: nacque così la Saturno 500, la cui produzione fu congelata dalla scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fino al 1946.
Nel 1939 un’altra iniziativa aveva preso corpo a Tripoli, in Libia: fu costituita una piccola officina di manutenzione e riparazione per le moto Gilera che circolavano in quel Paese, affidata ad alcuni tecnici provenienti da Arcore. Quando scoppiò il conflitto mondiale, nella primavera successiva l’officina fu rapidamente militarizzata e dedicata alla riparazione e manutenzione di moto militari italiane e tedesche, fino all’occupazione della città da parte degli inglesi che comportò la chiusura definitiva dell’attività.
Durante il periodo bellico lo stabilimento di Arcore produsse moto per l’Esercito Italiano; dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu occupato dai tedeschi, circostanza che indusse l’allora dirigenza a portare fuori dalla fabbrica, nascondendole altrove, diverse macchine utensili.
Il personale era progressivamente calato di numero, ma si erano aggiunte delle lavorazioni per cingoli di carri armati e prototipi di motori per alimentazione di gruppi di fari elettrici antiaerei. Fortunatamente la fabbrica non fu bombardata, nonostante la sua vicinanza al tracciato della ferrovia.

DAL 1945 AL 1960

Nei quindici anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale, la Gilera raggiunse il massimo sviluppo industriale: lo stabilimento di Arcore fu ampliato e arrivò a impiegare fino a 1.200 dipendenti.
Molti i prodotti messi sul mercato, dalle piccole cilindrate di 125 e 175 cc alla nuova 250 Nettuno, fino all’ineguagliata 500 Saturno; e poi i motocarri, il primo motore bicilindrico con la B300 e la serie Giubileo, presentata per celebrare i primi 50 anni di vita dell’azienda.
Sotto un altro aspetto la Gilera si era sempre più affermata come una ‘scuola di formazione’ di tecnici, operai e piloti, con una presenza sociale, economica e sportiva che aveva portato non solo benefici con opere sociali, ma anche fatto conoscere in tutto il mondo il nome del proprio Marchio associato al paese di Arcore.
Il mercato era brillante, la gente voleva muoversi e acquistava qualsiasi mezzo che potesse consentire di spostarsi: la fabbrica fu progressivamente ampliata e nuove attrezzature sostituirono quelle ormai superate.
In campo sportivo, il nuovo motore 4 cilindri disegnato da Remor ma perfezionato, dopo la sua uscita dall’azienda, da Giuseppe Gilera in collaborazione con Franco Passoni e Alessandro Colombo, dominò i Campionati del Mondo nella classe 500 fino al ritiro dalle competizioni di velocità nel 1957 (in accordo con Moto Guzzi e Mondial).
La grande maturazione tecnica della Gilera ebbe una chiara conferma nei successi ottenuti, nelle gare su circuito, da altre due cilindrate, la 350 e la 125 e da una serie di 32 primati di velocità conquistati sulla pista di Monza alla fine del 1957.
Sull’onda dei successi che la Marca aveva raccolto sui campi di gara argentini e su preciso invito delle Autorità locali, un’altra iniziativa prese corpo all’inizio degli anni ’50: a pochi chilometri da Buenos Aires, fu costruita una fabbrica per la produzione locale dei modelli Gilera di serie. Furono superati grandi problemi di mentalità, di approvvigionamento (oltre il 90% dei pezzi dovevano essere di fabbricazione interna o nazionale), di tradizione (trasformare dei contadini in meccanici), di adattamento dei mezzi a condizioni differenti da quelle europee e di lontananza dalla Casa Madre; i prodotti della Gilera Argentina furono così apprezzati per la loro robustezza e affidabilità, e ancora oggi, a più di 50 anni dalla chiusura dell’azienda, molti sono i modelli di allora che circolano in quel Paese.
Purtroppo in Argentina morì, a soli 26 anni, Ferruccio, l’unico figlio maschio di Giuseppe e Ida Gilera: un fatto privato che, però, fu l’inizio della decadenza dell’azienda.

DAL 1961 AL 1969

Con la morte di Ferruccio, la Gilera aveva cominciato a perdere l’anima, esaurendo la sua spinta verso il futuro. Nonostante la nuova gamma di prodotti fosse stata accolta con favore, il mercato stava cambiando rapidamente, sostituendo la moto con l’automobile, come mezzo di lavoro ma anche di trasporto per tutta la famiglia.
Il mancato rinnovo del gruppo dirigenziale, i primi scioperi (manifestazione tipica di quegli anni ma esperienza nuova per l’azienda) e l’inizio di una serie di bilanci in rosso che impedivano di fare i necessari investimenti, ben presto misero la Gilera di Arcore in grave difficoltà. Difficoltà che, peraltro, non influirono sull’aspetto produttivo, perché la Casa madre continuò a fabbricare moto valide e affidabili che, tuttavia, scontavano la mancanza di un’adeguata penetrazione sui mercati esteri, ma anche e soprattutto sul mercato interno. Senza dimenticare che dimostrò la propria intatta maestria tecnica con l’acquisizione di commesse americane dalla Sears, dopo aver battuto la concorrenza della giapponese Honda.
Abbandonate le corse di velocità, era tornata alle gare di Regolarità, raccogliendo meritati successi in tutte le categorie e vincendo il Vaso d’Argento alla Sei Giorni Internazionale del 1960.
Giuseppe e Ida Gilera non si sottrassero ai loro impegni a sostegno dell’azienda e misero a disposizione la maggior parte dei loro beni effettuando diversi aumenti di capitale.
Nel 1968 fu comunque necessario ricorrere alla procedura di amministrazione controllata, nel corso della quale fu raggiunto un accordo con la Piaggio di Genova, che rilevò il Marchio, il personale e tutte le attività della Moto Gilera spa.
Nel 1986 la Società fu definitivamente chiusa e cancellata dai registri delle imprese.

DAL 1970 AL 1993

Negli anni successivi, la nuova proprietà estese la produzione al comparto scooter e rilanciò il settore motociclistico, ritornando alle gare e conquistando, nelle competizioni in fuoristrada, due vittorie di classe alla Parigi-Dakar e una vittoria assoluta nel Rally dei Faraoni, con i piloti Luigino Medardo, Roberto Mandelli e Franco Picco.
Ma la produzione di moto, che pure aveva visto la costruzione di modelli interessanti, alcuni decisamente innovativi, piano piano si spense, forse non sostenuta da una vera passione per questo genere di veicoli. Finché nel 1993 la fabbrica di Arcore, ancora cresciuta nel frattempo dall’epoca Gilera, fu venduta e tutta la produzione fu spostata nello stabilimento Piaggio di Pontedera, in Toscana.

DA ALLORA…

All’inizio del nuovo secolo due piloti hanno portato il nome Gilera al primo posto del Campionato del Mondo di velocità: Manuel Poggiali nel 2001 (classe 125) e Marco Simoncelli nel 2008 (classe 250).
Nel frattempo Piaggio ha abbandonato la produzione di motocicli con il Marchio Gilera, concentrandola solo su piccoli scooter di carattere sportivo.